“MANDY” e ” BEYOND THE BLACK RAINBOW” di Panos Cosmatos

Un cinema lisergico e vintage alla ricerca disperata del nuovo.

Se soffrite di claustrofobia ed epilessia fotosensibile il consiglio spassionato è quello di tenersi lontano dai film di Panos Cosmatos.
Il regista greco canadese è nato a Roma il primo Gennaio 1974. Figlio della scultrice Svedese Birgitta Ljungberg-Cosmatos e del regista Greco-Italiano George P. Cosmatos conosciuto dal pubblico per film come “Cobra” e “Rambo 2” ma autore di film molto più riusciti come “Cassandra Crossing” e “Tombstone”.


Ee è proprio durante le riprese di quest’ultimo film che il nostro Panos inizia la sua carriera nel cinema come assistente all’operatore della seconda unità. Cosmatos cresce guardando film in videocassette e al cinema e nelle sue opere si nota quanto sia stato ispirato dalle pellicole di genere degli anni Settanta e Ottanta. Il giovane regista confeziona infatti opere ipnotiche dove non vengono celate le influenze e le citazioni di autori come Stanley Kubrick, Andrej Tarkovskij, Dario Argento, Brian De Palma, David Cronenberg, David Lynch, Sam Raimi, Tobe Hooper, Clive Barker, Sean Cunningham, e molti altri.

Panos Cosmatos esordisce con “Beyond the black rainbow”, film sperimentale ma anche già molto autoriale. Un allucinanto, lento e inquietante viaggio liberatorio dall’estetica 70s.

Un film libero esteticamente dove la trama è quasi assente e può essere così sintetizzata:  Nella misteriosa clinica “Arboria Institute”,  la giovane Elena viene tenuta prigioniera o forse viene curata per qualche imprecisato disturbo psichico. Ad occuparsi di lei in modo più che morboso è l’inquietante psichiatra Barry Nyle (uno straordinario Michael Rogers). Per la giovane cavia non sarà facile fuggire.

Come dicevamo il regista non si preoccupa minimamente di raccontare una storia e di evitare l’eventuale noia e malessere dello spettatore. Il pubblico viene annichilito da sequenze caratterizzate del fuori fuoco, primissimi piani e dettagli dalle composizioni ardite, dissolvenze in rosso, piramidi luminose (che hanno certamente ispirato il Refn di “Neon Demon”), sostanze in ebollizione, il tutto accompagnato da una colonna sonora disturbante sempre presente e da pochi dialoghi con voci a volte distorte, a volte semplicemente pulite da ogni rumore di fondo che rendono ogni respiro e ogni pausa una coltellata al cuore.

In poche parole un’esperienza sensoriale molto stimolante che resta però debole dal punto di vista della sceneggiatura. Il finale è qualcosa di imbarazzante se si pensa al modo in cui viene preparato lo show down finale e a come invece viene portato a termine.

L’esordio di Cosmatos è un ottimo tributo estetizzante al cinena sci-fi degli anni ’70 che aggiunge poco di nuovo ma che resta pregno di intuizioni interessanti. Per un esordiente è sicuramente notevole la capacità di creare atmosfere malate e conturbanti come stupisce la sapienza nel saper mescolare sequenze horror splatter a momenti di pura psichedelia visiva tipica dei videoclip e della video arte.

Nel secondo, e fino ad ora ultimo film, è ancora più evidente il sentito omaggio all’estetica degli horror italiani degli anni ’70 e ’80 (Argento, Fulci e Soavi su tutti), di Sam Raimi, Rob Zombie e delle atmosfere dei film prodotti nella factory di Roger Corman.

“Mandy”  viene presentato al Sundance e poi passato dalla Quinzaine a Cannes nel 2018. Osannato da certa critica che pensiamo poco informata e poco avvezza a cinema coraggioso, il B-movie allucinato e lisergico di Cosmatos diventa quasi un caso mediato quando invece, sembra un film più classico messo in confronto all’audacia e l’originalità del primo film.

Anche qui la storia è quasi un optional anche se comunque ci si mantiene nelle coordinate narrative di quello che potrebbe sembrare un revenge movie:  il boscaiolo Red (Nicolas Cage) e l’illustratrice Mandy (Andrea Riseborough) vivono soli in una casa nel bosco vicino Cristal Lake. La loro tranquilla vita familiare viene sconvolta quando gli affiliati a una setta, con l’ausilio di alcuni demoni in motocicletta, decidono di rapire la ragazza. Red e Mandy si risvegliano legati e imbavagliati e qui inizia la discesa nell’incubo. Tralasciando il fatto che Cage viene insensatamente lasciato in vita e che sopravviva senza alcuna cura ad una coltellata che avrebbe ucciso un toro, Adesso finalmente iniziamo a fare sul “serio”.

Dal punto di vista estetico il film sembra però un ulteriore progresso soprattutto nella prima parte del lungometraggio. L’inizio lento, lentissimo, del film è un idillio lisergico caratterizzato da un’atmosfera sognante che ha il sapore di oscuro presagio. Rallenti e zoommate ansiogene, continue dissolvenze incrociate e fotogrammi virati sul rosso e tutte le sue possibili declinazioni voglio suggerirci l’esistenza di altre dimensioni che si sovrappongono, flash verdi sugli oggetti magici sembrano volerci avvisare che presto vedremo il male come non lo abbiamo mai visto.

La seconda parte che inizia con una gradangolare piano sequenza in bagno dove Cage, con la consueta recitazione sopra le righe, questa volta riesce a trasmetterci qualcosa e proprio in questo momento che capiamo che sta per succedere di tutto: il revenge movie più psichedelico, distorto e schizzato che possiate mai vedere.

In ordine sparso: tigri, fumi colorati e neon fluorescenti, Nicolas Cage che forgia una specie di ascia/alabarda, inserti di animazione mai così inutili, duelli con motoseghe brandite come spade, un mostro dal pene di ferro che guarda film porno mentre inzuppa il naso in montagne di cocaina e molto molto altro ancora…

Un film esagerato e psicotropo che nei momenti di stanca vive della fotografia di Bejamin Loeb e dalle musiche del compianto Jóhann Jóhannsson. “Mandy” è un film irriverente e sfacciato che va preso per quello che è: un libero divertissement che vuole tributare un certo cinema di genere che purtroppo viene fatto sempre più di rado.

Cercare di raccontare con parole i film di Panos Cosmatos è un’impresa ardua e sminuisce l’esperienza estetica della pura visione, quello che possiamo fare noi è quello di sperare di avervi fatto venir voglia di conoscere la breve filmografia di questo regista coraggioso, nella speranza che il meglio debba ancora venire. Siamo infatti fiduciosi sul fatto che il cinema di Panos Cosmatos sia ancora in evoluzione e che, una volta liberatosi del citazionismo coatto e ad ogni costo, riusciremo veramente a scorgere qualcosa di ancora migliore e meraviglioso.